Non può essere mio discepolo.
(14, 25 - 35)

Per seguire Gesù bisogna avere per lui un amore superiore che per ogni altra persona, maggiore di quello che uno ha per la propria vita. E bisogna portare la propria croce. Ma chi è capace di questo? Chi può costruire questa torre o vincere questa battaglia? Gesù ci chiama a far bene i conti. Ma sono conti strani. Meno uno ha, più è sicuro di riuscire. Dobbiamo essere poveri di tutto, anche della nostra bravura e giustizia. Quando siamo deboli, come Gedeone e Paolo, allora siamo forti della forza del Signore (cf Gdc 7, 1ss; 2Cor 12, 10).

14,25 E camminava con lui numerose folle e, voltosi, disse loro: 26 Se qualcuno viene da me e non odia il proprio padre e la madre e la donna e i figli e i fratelli e le sorelle e inoltre anche la propria vita, non può essere mio discepolo. 27 Chi non porta la propria croce e non viene dietro di me, non può essere mio discepolo. 28 Chi infatti tra voi, volendo costruire una torre, prima, sedutosi, non calcola la spesa se abbia per il completamento? 29 Perché, gettate le fondamenta e non avendo forza di completare, tutti coloro che osservano non comincino a schernirlo, 30 dicendo: Quest’uomo iniziò a costruire e non ebbe forza di completare!

31 O quale re, andando a incontrare in guerra un altro re, prima, sedutosi, non esaminerà se è capace di affrontare con diecimila chi viene contro di lui con ventimila? 32 Se no, quando ancora è lontano, inviata una delegazione, domanda le cose per la pace. 33 Così dunque ognuno di voi, che non si allontana da tutto ciò che ha, non può essere mio discepolo. 34 Bello dunque il sale: ma se anche il sale svanisce, con che sarà condito? 35 Non è adatto né per la terra né per il letamaio: lo gettano fuori. Chi ha orecchi per ascoltare ascolti.
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