Gioite con me!

(15, 11 - 32)

Gesù ha appena detto quanto è difficile essere suo discepolo. Allora tutti i pubblicani e i peccatori vanno da lui, mentre i farisei e gli scribi – i giusti e i sapienti! – brontolano contro di lui. Per convertirli alla misericordia, Gesù racconta loro questa parabola in tre parti. Il ritornello è la gioia alla quale Dio invita tutti quando trova il figlio perduto. Chi non accetta come fratello il peccatore, non accetta l’amore “gratuito” del Padre e non è figlio. E’ come il fratello maggiore: si arrabbia e non riconosce né il padre né il fratello. Resta fuori dal banchetto dell’amore, affogato nella sua giustizia. Questa parabola è “il vangelo nel vangelo”: Dio ci ama non perché siamo buoni, ma perché siamo suoi figli. Per questo, da cattivi, possiamo diventare buoni.
15,11 Ora disse: Un uomo aveva due figli; 12 e disse il più giovane di loro al padre: Padre, da’ a me la parte di sostanze che mi tocca. Egli poi divise per loro la vita. 13 E, non molti giorni dopo, raccolto tutto, il figlio più giovane emigrò in paese lontano; e là sperperò la sua sostanza vivendo insalvabilmente. 14 Ora, dilapidato tutto, venne una carestia forte per quel paese; ed egli cominciò a essere nel bisogno 15 e andò a incollarsi a uno dei cittadini di quel paese; e lo mandò nei suoi campi a pascere i porci. 16 E desiderava saziarsi delle carrube che mangiavano i porci e nessuno gliene dava. 17 Ora, venuto in se stesso, disse: Quanti salariati di mio padre sovrabbondano di pane; io, invece, di carestia qui perisco. 18 Sorgerò e andrò verso mio padre e dirò a lui: Padre, peccai verso il cielo

19 e al tuo cospetto; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio: fa’ a me come uno dei tuoi salariati. 20 E, sorto, venne da suo padre. Ora, mentre ancora distava lontano, lo vide il padre e si commosse e corso cadde sul suo collo e lo baciò. 21 Ora disse il figlio a lui: Padre, peccai verso il cielo e al tuo cospetto; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio. 22 Ora il padre disse ai suoi servi: Presto, portate fuori una veste, la prima, e vestitelo; e date un anello alla sua mano e sandali ai piedi 23 e portate il vitello, quello di grano: immolatelo e, mangiando, 24 facciamo festa, perché costui, il figlio mio, era morto e rivive, era perduto e fu ritrovato. E cominciarono a far festa. 25 Ora il suo figlio, il maggiore,

era in campagna. E quando, venendo, si avvicinò alla casa, udì sinfonie e danze. 26 E, richiamato uno dei servi, s’informava che mai fosse ciò. 27 Ora egli gli disse: Tuo fratello venne e tuo padre sacrificò il vitello di grano. 28 Ora si adirò e non voleva entrare. Ora suo padre, uscito, lo consolava. 29 Ora, rispondendo, disse al padre: Ecco: da così tanti anni ti sono schiavo e non trasgredii mai un tuo ordine; e a me non desti mai un capretto perché facessi festa con i miei amici. 30 Ma ora quando venne il figlio tuo, costui, che divorò la tua vita con le meretrici, immolasti per lui il vitello di grano. 31 Ora egli gli disse: Figlio, tu sei sempre con me e tutte le cose mie sono tue. 32 Ora bisognava far festa e rallegrarsi perché il fratello tuo, costui, era morto e visse, e, perduto, fu ritrovato.
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